Appartenenza

Con il termine slave (in italiano schiavo/a), nel lessico proprio alla comunità BDSM, ci si riferisce generalmente al soggetto, di sesso maschile o femminile, in condizione di sottomissione fisica e/o psicologica rispetto al soggetto dominante (Dom, maschio o femmina).

Contrariamente al mondo anglosassone, in Italia è invalso l’uso improprio di denominare come slave chiunque pratichi BDSM come sottomesso, ignorando quasi completamente termini intermedi come sottomesso, sub e altri. In realtà, essere slave è la forma più estrema di sottomissione e consiste nel far dono di sé al soggetto dominante, che in tal caso può essere una Mistress (padrona) o un Master (padrone), rinunciando in modo totale a qualunque forma di parità.

Lo slave si identifica nell’appartenenza al proprio padrone, fermo restando che ciò avviene sempre nell’ambito di rapporti consapevoli e consensuali identificabili come SSC o RACK e che tale “appartenenza” non ha nessun valore legale. Pochissimi, anche in ambito BDSM, sono slave, la qual cosa, in base a quanto detto, si configura come una vera e propria scelta di vita che va ben oltre il gioco occasionale. In modo più specifico, lo/a slave è colui o colei che vive la condizione di sottomissione all’interno di una relazione continuativa (24/7) o comunque prolungata nel tempo e comprendente aspetti sentimentali, relazionali e sessuali, sempre se ciò è voluto dalla parte dominante.

Total Power Exchange

Con la locuzione inglese Total Power Exchange (TPE), letteralmente “scambio totale di potere”, ci si riferisce al tipo di rapporto che intercorre tra slave e mistress o master e mette in evidenza l’effettiva, reale non-parità che intercorre tra le parti. È una modalità di rapporto in cui il soggetto dominante prende controllo di tutta o quasi la vita del soggetto slave. Ciò non significa che quest’ultimo venga privato di potere decisionale, ma che questo dovrà sempre indirizzato verso il benessere del padrone, anche con una buona dose di iniziativa e autonomia. Come detto prima, slave è una parola abusata in cui si identificano in molti. Quindi parlare, per esempio, di rapporto padrona-schiavo fondato sul TPE, significa mettere in chiaro l’effettiva estrema realtà del rapporto. Per cui TPE assume il ruolo di discriminante per capire bene ciò di cui si parla.

Addestramento dello slave

Nella maggior parte dei casi, soprattutto laddove la relazione è continuativa, il partner dominante svolge un vero e proprio addestramento nei confronti del soggetto sottomesso (slave), in modo da renderlo consapevole delle esigenze che deve soddisfare e perfezionare e disciplinare i comportamenti del sottomesso in modo che siano maggiormente di suo gradimento. In alcuni casi questo addestramento può comportare modifiche all’aspetto fisico, alle posture assunte dallo slave, particolari regole per l’alimentazione o l’abbigliamento, e frequenti punizioni necessarie per correggere le imperfezioni nel comportamento dello slave, inizialmente piuttosto ricorrenti.

In particolari tipi di rapporto, l’addestramento dello slave può comportare anche una forma di training speciale, in cui lo slave viene adibito a svolgere in modo continuativo ruoli più specifici, quali ad es. quello di colf, e riceve una formazione specifica in tale senso. In altri casi, l’addestramento può comportare la trasformazione, dal punto di vista comportamentale, del soggetto sottomesso, che viene educato a comportarsi come un vero e proprio animale, quale il cane o il cavallo (si parla in questo caso di dog-training o di pony-training), al fine di degradarlo e accrescerne la sottomissione.

Le verità che non ti aspetti sul dominio e la sottomissione

Frustini, candele, corde, dominio e sottomissione… la trilogia 50 sfumature ha ridestato la curiosità per i giochi erotici di potere. E il relativo dibattito. Qualcuno né è spaventato e le reputa pratiche “perverse”, chiamandole semplicemente sadomaso; qualcun altro ne è affascinato ed eccitato, e forse vorrebbe avventurarsi in qualche sperimentazione. Di certo, attorno all’argomento gravitano tabù, pregiudizi, ideali e leggende.

“Ciò che fa paura dell’eros estremo in generale non è la realtà di queste pratiche, ma le strane idee che ne abbiamo – e che derivano da un miscuglio di preconcetti, stereotipi (sbagliati) mediatici e mancanza o eccesso di immaginazione”, commenta Ayzad, il principale divulgatore italiano in materia di sessualità alternative. Così, abbiamo deciso di fare qualche domanda a lui, e ad Alberto Caputo, psichiatra e sessuologo, per cercare di capire qual è l’essenza delle relazioni erotiche di dominio e sottomissione, oltre la finzione letteraria e l’immaginario comune. E abbiamo scoperto verità inattese. Ad esempio, che…

– Non sono giochi per persone “strane”. Infatti, “l’istinto di dominio e sottomissione è naturale e  fa parte di un corredo evoluzionistico che  garantisce l’adattamento della specie, ed è insito nella nostra biologia. Queste dinamiche sono presenti in gran parte della nostra vita, e in ogni tipo di relazione (genitori, scuola,  amici, coppia). Quando vengono intellettualizzate, rielaborate e sessualizzate, creano una dimensione di gioco e di eccitazione, che va oltre il puro aspetto di dominanza e assume aspetti creativi”, spiega Caputo, “e che si può esprimere in modo più o meno esplicito, dichiarato o consapevole nella sessualità di ognuno”, conclude Ayzad.

– Sono giochi per Adulti con la A  maiuscola. Spesso ci si immagina che chi prova piacere nell’essere sottomesso, o nel dominare il partner, sia una persona fragile e immatura, ma è tutto il contrario. “Perché questi giochi siano vissuti e praticati in modo positivo, occorre che i partner siano persone realmente mature, consapevoli di sé stesse, responsabili”, sottolinea Caputo. Inoltre, per quanto possano apparire sregolati, “i giochi di dominio e sottomissione hanno delle regole ben precise: devono essere sani, sicuri e consensuali (clicca qui per una spiegazione dettagliata), ci deve essere una parola di sicurezza che se pronunciata interrompe immediatamente il gioco; sono assolutamente necessari dialogo e rispetto  reciproco. Il resto è (bellisima) esplorazione” aggiunge Ayzad.

– Non fanno male (al corpo). I giochi di potere, di autorità e BDSM (acronimo per Bondage & Discipline, Sottomissione e Masochismo, n.d.r ) “sono a tutti quei giochi erotici in cui un partner si affida totalmente alla volontà dell’altro, che possono andare da una sensuale e sottilissima complicità alla ricerca metodica dei limiti e delle possibilità più estreme del corpo e della mente umani” spiega Ayzad. Il dolore fisico quindi non è necessario per definire un gioco di dominio e sottomissione, come forse in molti si aspetterebbero, e l’estremo è solo una delle possibili sfumature. A ognuno trovare la propria.

– Non fanno male (alla mente). “Una volta che si entra in contatto con queste dinamiche umane profonde” spiega Caputo, “si ha un ampliamento dei propri orizzonti in termine di consapevolezza, di libertà di azione e pensiero. La possibilità che abbiamo di astrarre questi meccanismi universali e di giocarli in un ambiente protetto con una persona di cui ci fidiamo apre la mente, permettere di conoscere ed esprimere sé stessi, e spesso rappresenta un arricchimento sia per l’individuo che per la coppia, attraverso un legame davvero intimo”.

Sono romantici, e raramente sono giochi svincolati da un legame sentimentale “proprio perché l’intesa, la fiducia, l’intimità e il dialogo necessari a renderli un’esperienza positiva sono anche gli elementi fondanti della coppia”, spiega Caputo. “Fare un gioco erotico in cui ci siano esplicite dinamiche di dominio e sottomissione” aggiunge Ayzad, “significa semplicemente prendere sul serio questa frase che prima o poi si dicono tutti gli innamorati:fammi tutto quello che vuoi. E se non è romantico questo…”

– Non è (solo) il dominante che comanda e sottomettersi vuol dire essere liberi. Dimenticate l’idea di una volontà piegata in modo crudele alla legge del più forte. Come spiega Caputo, infatti “dominare significa guidare il gioco, prendersi la libertà, ma anche e soprattutto la responsabilità di scegliere che tipo di sensazioni far provare al partner, mantenere alto il livello di eccitazione; sottomettersi, invece, vuol dire affidarsi al partner durante il gioco, abbandonarsi alle sensazioni e prendersi la libertà di lasciarsi andare. Questi giochi, che si basano su dinamiche di controllo, possono essere molto eccitanti e rilassanti perché permettono di sganciarsi da ruoli e contesti quotidiani e di esprimere liberamente parti di noi che altrimenti rimarrebbero represse”. Inoltre, “ciò che rende un gioco ben riuscito è il fatto che i partner interagiscano in modo da far fluire e incanalare l’energia che nasce da emozioni, sensazioni, fantasie”, aggiunge Ayzad. Insomma, è un gioco di squadra, in cui i partner giocano semplicemente ruoli diversi.

– Non è un fenomeno di nicchia  perché, come racconta Ayzad, “ad oggi sono stati stimati bene 4,5 milioni di praticanti del BDSM solo in Italia”: vuol dire poco meno del 10%. In più, c’è da calcolare un “sommerso” di coppie che praticano inconsapevolmente qualche gioco di dominio sottomissione. Un esempio? Farsi bendare durante il sesso.

– Alle donne piace di più. Se qualcuno immagina questo genere di giochi come uno strapotere e un desiderio maschile egoistico a cui la donna si sottomette, sarà costretto a ricredersi. Come spiega Caputo infatti “questo tipo di erotismo si basa in gran parte sull’eccitazione mentale, il che lo rende più affini alla sessualità femminile, per cui questa dimensione è predominante, oltre che necessaria. Inoltre, le donne sono più inclini a questo tipo di giochi perché hanno una capacità di intellettualizzare le pulsioni sessuali molto più articolata e vasta, rispetto all’uomo. Più si investe sul desiderio e l’elaborazione delle fantasie, prolungando e mantenendo alta l’eccitazione mentale, più il rapporto sessuale viene valorizzato per la donna”.